Una valutazione psicodinamica differisce dall’approccio diagnostico puramente descrittivo in quanto è riferibile alla persona nel suo complesso: alla sua costituzione biologica, ereditaria, relazionale, alla sua storia personale, alla sua struttura psichica ed infine anche alla specifica manifestazione sintomatica.

Importanza fondamentale è rivestita dalla relazione tra psicoterapeuta e paziente. Il primo obiettivo è quello di stabilire un rapporto e una comprensione condivisa in maniera tale che il paziente venga accettato, valutato e considerato come una persona unica.

A differenza del colloquio medico-psichiatrico, in cui viene seguito un percorso diretto dal disturbo principale alla sua eziologia e patogenesi, nel colloquio psicodinamico:

  • il paziente raramente è in grado di arrivare velocemente al punto a causa della sua incapacità di individuare quello che realmente lo disturba
  • qualunque distinzione tra diagnosi e terapia sarebbe artificiosa: la maniera stessa nella quale l’anamnesi viene raccolta può essere terapeutica
  • il paziente ha un ruolo attivo ed è coinvolto attivamente come collaboratore in un processo esplorativo
  • le informazioni rilevanti sono molto più ampie di quelle necessarie ad una diagnosi psichiatrica: occorre considerare anche la vita intrapsichica
  • i vissuti del terapeuta durante il processo diagnostico e terapeutico sono importanti e costituiscono informazioni diagnostiche e essenziali

L’aspetto anamnestico del colloquio dovrebbe implicare contemporaneamente due obiettivi: una diagnosi descrittiva e una diagnosi dinamica. Un colloquio psicodinamico non è una seduta di terapia psicoanalitica, ha degli obiettivi ben precisi da perseguire. Un aspetto importante è valutare la capacità del paziente di poter affrontare una psicoterapia psicodinamica.

È importante inoltre registrare non solo quanto il paziente dice, ma anche il modo ed il momento in cui fornisce le informazioni. Sebbene i pazienti possano essere coscientemente sconcertati dai loro sintomi, il mettere ordine nelle loro associazioni può offrire degli indizi rispetto alle connessioni inconsce.

A causa del ruolo centrale della “storia evolutiva” una esauriente valutazione diagnostica non può prescindere da questa. Un principio fondamentale è che il passato si ripete nel presente. Per ottenere la collaborazione del paziente il terapeuta può incoraggiare la sua curiosità sui legami esistenti tra avvenimenti passati e sentimenti odierni. In maniera analoga, sono altrettanto degne di nota omissioni significative.

È opportuno minimizzare l’esame formale dello stato mentale. Comunque quando queste domande fanno parte del corpo del colloquio, il paziente ha modo di vedere le distorsioni della percezione, del pensiero e degli aspetti in un contesto significativo. Inoltre, evidenziando le connessioni tra tali distorsioni e la malattia, il paziente risulta maggiormente coinvolto come collaboratore.

L’orientamento temporale e spaziale e relazionale appare chiaramente nel corso del colloquio e pertanto porre domande specifiche a una persona che è chiaramente ben orientata può facilmente disturbare il rapporto terapeutico. L’eccessiva vigilanza è un’altra condizione mentale che si svela da sé, così come disturbi percettivi quali allucinazioni: ma si tenga sempre ben presente che il terapeuta a orientamento dinamico è interessato a qualcosa di più della semplice presenza o assenza di allucinazioni.

La presenza di un disturbo formale del pensiero solitamente viene chiarita nella parte anamnestica del colloquio. Anche per quanto riguarda i deliri, è più facile che vengano verbalizzati in risposta a domande anamnestiche aperte piuttosto che in risposta a domande specifiche: i loro significati e le loro funzioni sono altrettanto importanti.

Poiché la cognizione influenza linguaggio è necessario prestare attenzione a eventuali lapsus. Il modo in cui un paziente risponde alle domande può dire molto riguardo al suo stile di carattere: il paziente ossessivo-compulsivo, il paziente isterico, il paziente passivo-aggressivo, il paziente paranoide non rispondono allo stesso modo alle sollecitazioni del colloquio.

Osservare inoltre gli stati motivi del paziente fornisce molte sui meccanismi di difesa inconsci. La gestione dell’affettività è infatti la più importante funzione delle difese intrapsichiche.

Molto importante è anche il comportamento non verbale, irrequietezza, il silenzio, il mantenimento del contatto visivo. Le precoci relazioni di attaccamento infatti, sono interiorizzate e codificate come memoria implicita, corporea, procedurale.

Il clinico dovrebbe arrivare ad una prima ipotesi diagnostica sia di tipo descrittiva che psicodinamica per poi fornire una comprensibile restituzione al paziente.

La formulazione è tesa a spiegare la condizione del paziente mettendo in luce i temi problematici principali. Si deve però essere sempre consapevoli che la formulazione diagnostica è in continuo mutamento a mano a mano che il trattamento procede: diagnosi e terapia procedono sempre parallelamente.