Meridith L. Ambrose, studentessa di psicologia clinica presso la Adelphi University e tirocinante al The Village Institute For Psychotherapy, ha pubblicato pochi giorni fa un breve articolo riguardante la relazione tra mente e corpo ed i disturbi psicosomatici. L’articolo, particolarmente utile per scopi divulgativi, viene qui riportato adattato e tradotto.

Le persone sono in grado di “sentire” le emozioni non solo con la mente ma anche e spesso con il corpo. Sia che si tratti di una “sensazione intestinale” che qualcosa non è “a posto”, o una tensione che fa venire il mal di testa, la percezione e l’elaborazione delle emozioni è legata al corpo. E talvolta il corpo può persino trattenere sentimenti ed emozioni del passato.

Tradizionalmente la cultura occidentale tende a separare la mente e il corpo, relegando le emozioni solo nella mente. Tuttavia anche la ricerca più recente spiega come le emozioni siano influenzate dal benessere fisico e, ancor di più, come il corpo sia spesso il luogo in cui si esprimono emozioni e sentimenti.

Basti pensare a come, nel linguaggio comune, vengano utilizzate di frequente delle metafore che utilizzano il corpo per descrivere sentimenti e stati d’animo:

  • “Grava tutto sulle mie spalle”.
  • “Mi sta sullo stomaco”
  • “Non riesco a mandarla giù”.
  • “Tutto questo mi disgusta”.
  • “Al solo pensiero mi viene il mal di testa.”
  • “MI fa venire l’orticaria”

Tutte queste frasi descrivono esperienze emotive vissute attraverso sensazioni corporee. D’altro canto la frequenza cardiaca aumenta quando si ha paura, si è arrabbiati o addirittura quando si è innamorati. Il nostro respiro cambia prima che ci si renda conto che una qualche situazione sta provocando ansia. A volte non si è nemmeno consapevoli di essere sottoposti ad uno stress emotivo poiché lo stress si manifesta esclusivamente nel corpo.

Caso clinico della dott.ssa Ambrose: Scott

Scott arriva in terapia dopo aver notato un cambiamento nel suo stato d’animo. Stava avendo difficoltà nel sentirsi motivato ad andare al lavoro ogni mattina e nel completare il lavoro entro la giornata. Anche se il suo lavoro prevedeva una notevole dose di stress, fino a quel momento ciò non lo aveva mai preoccupato. Anzi: a Scott piaceva gestire proprio situazioni stressanti!

Ultimamente invece sentiva dolori al torace, mal di testa e talvolta una sensazione di nausea come se dovesse vomitare. Spesso inoltre perdeva la voce: non aveva proprio mal di gola ma sentiva la gola rigida e inutilizzabile. Il suo medico non fu in grado di individuare una causa fisica in grado di spiegare i suoi sintomi e gli suggerì di consultare uno psicologo: Scott iniziò a pensare che qualcosa non andasse nel il modo in cui si rapportava con il suo lavoro.

Quando iniziò a parlare con la terapeuta Scott realizzò che i suoi disagi fisici cominciarono un paio di settimane prima di accorgersi del suo cambiamento d’umore. Disse inoltre che i suoi sintomi di solito erano peggiori quando si recava al lavoro. La terapeuta si chiese ad alta voce con lui se ci potesse essere qualche nesso tra il suo malessere e il “cominciare il lavoro”. Un collegamento che Scott fece fu proprio relativo al fatto che egli temeva un nuovo progetto poiché il collega insieme a quale avrebbe dovuto occuparsene era scostante e gli ispirava poca fiducia.

Col tempo emersero poi ulteriori collegamenti tra la sua esperienza con questo collega ed il modo in cui si sentiva bloccato, muto e incapace con alcuni suo insegnanti a scuola. Prima delle loro lezioni si sentiva così male al punto da dover chiedere di potersi assentare. In qualche modo il suo dolore allo stomaco – sebbene spiacevole – lo aiutò a evitare un’esperienza psichicamente ancor più spiacevole, e cioè essere umiliato pubblicamente dai suoi insegnanti.

Questa strategia di coping stava riemergendo – dopo molti anni – nel suo lavoro; ora però era adulto e poiché era più in grado di prendere le difese di se stesso, stava perdendo anche la voce! Anche se avesse voluto affrontare il suo collega, ora era impossibilitato a parlargli.

Attraverso la terapia Scott iniziò ad usare i suoi sintomi fisici come mezzo per accedere ai suoi sentimenti: comprendendo il modo in cui il suo corpo aveva espresso il suo disagio, la sua rabbia e l’evitamento dei conflitti, fu in grado di trovare dei pensieri e delle parole per quello che prima era sperimentato come una irritazione senza senso, un mero dato sensoriale. Poiché ora i suoi sintomi avevano acquisito un significato, Scott poté passare dal subire passivamente una sofferenza ad affrontare il modo in cui sarebbe stato possibile cambiare il modo di interagire con gli altri. Ora è in grado di liberarsi dai dolori che sente nel suo corpo e tradurli in emozioni, pensieri e sentimenti.

Cosa fare

Se si avvertono sintomi fisici che potrebbero essere legati a motivazioni psicologiche:

  1. Prenotare una visita presso il proprio medico: si tratta innanzitutto di escludere qualsiasi potenziale causa fisica;
  2. Riflettere su nuovi fattori stressantiper vedere se è possibile stabilire una connessione tra i sintomi e alcune modifiche nella vita lavorativa, familiare o relazionale;
  3. Cercare uno psicologo psicoterapeuta: se il disagio tende a manifestarsi con sintomi fisici, probabilmente c’è bisogno di un professionista con il quale iniziare una psicoterapia, meglio se a orientamento psicoanalitico.