di Luca Mazzotta – Psicologo Psicoterapeuta a Milano

La notevole attenzione rivolta dalla teoria della mentalizzazione all’attaccamento ed ai meccanismi cognitivi può far sorgere il dubbio che questo modello non si inserisca pienamente nel contesto della teoria psicoanalitica delle organizzazioni borderline. In realtà si tratta di un vero e proprio modello psicodinamico in quanto la mentalizzazione e le altre capacità precedentemente viste sono considerate come acquisizioni evolutive nel contesto delle relazioni primarie di cura. Inoltre la capacità di mentalizzare riguarda essenzialmente gli affetti, le rappresentazioni e gli stati psichici. Si parla infatti di affettività mentalizzata per indicare un complesso tipo di regolazione affettiva che denota l’esperienza degli affetti attraverso le lenti dell’autoriflessività: “L’affettività mentalizzata consta nella familiarità e nella facilità con cui ci si rapporta all’esperienza soggettiva personale. Di fatto, tale affettività richiede un agente riflessivo” (Fonagy et alii, 2002).Jurist delinea tre elementi relativi alla regolazione degli affetti: la loro identificazione, la loro elaborazione e la loro espressione, sottolineando che la regolazione degli affetti è alla base della mentalizzazione. “Il termine affettività indica che questo processo non è semplicemente un problema di esercizio cognitivo sugli stati affettivi. L’affettività ci porta ad immergerci nell’esplorazione di come la nostra esperienza affettiva venga mediata dal mondo rappresentazionale: in altri termini come gli affetti attuali (e futuri) sono sperimentati attraverso le lenti delle esperienze passate, reali o immaginarie” (Jurist, 2005).

Questa acquisizione può essere estremamente vulnerabile se esposta a condizioni di maltrattamento, carenze ambientali, deprivazione, gravi trascuratezze, abusi (fisici o psicologici) e molestie subite nella fanciullezza. Inoltre la maggior parte delle teorie psicoanalitiche moderne condivide due idee relative all’efficacia terapeutica:

  • la patologia è associata alla persistenza di strutture mentali evolutivamente primitive;
  • la psicoanalisi esercita la sua influenza attraverso un processo di riorganizzazione e integrazione delle strutture mentali inconsce con quelle consce di più alto livello evolutivo
    [ (Abrams, 1987); (Abrams, 1990)].

Le implicazioni della teoria della mentalizzazione per la psicoanalisi sono in realtà molto interessanti (Fonagy, 1991). Innanzitutto l’acquisizione di una teoria della mente permette di rappresentare mentalmente le opinioni e i desideri: si tratta quindi di una vera e propria capacità simbolica. Lo sviluppo di questa capacità inoltre permette di poter rappresentare il funzionamento psichico dell’altro, e quindi le rappresentazioni interne degli oggetti primari devono necessariamente modificarsi con l’acquisizione della mentalizzazione: da questo punto di vista gli oggetti possono essere totali solo se dotati (o meglio: rappresentati come dotati) di una loro mente e non se sono visti come semplicemente funzionali ai bisogni del bambino. Prima di questo stadio, o in assenza di questa capacità, sarà inevitabile la distorsione dell’oggetto attraverso la proiezione e non sarà neppure possibile una completa separazione tra sé e oggetto. In assenza di una capacità di mentalizzare, e dunque di rappresentarsi gli stati affettivi dell’altro, questi stati affettivi non possono essere conosciuti se non per mezzo di una risonanza emotiva, minando così la capacità di regolare gli stati emotivi. Ancora: lo sviluppo della mentalizzazione influenza la capacità di poter accedere a meccanismi di difesa più o meno maturi. In questo senso la rimozione è un meccanismo psichico relativamente evoluto in quanto richiede l’esclusione di un’idea dalla coscienza. Escludere un’idea dalla consapevolezza, infatti, presuppone l’identificazione specifica di quell’idea e quindi la capacità di accedere a rappresentazioni secondarie. Il diniego, invece, eliminando sia l’idea che l’affetto, non presuppone una rappresentazione di secondo livello: idea e affetto restano fusi insieme trattandosi di rappresentazioni primarie. È la realtà ad essere negata e non la sua rappresentazione. L’accesso ed il successivo superamento del conflitto edipico, ad esempio, richiedono rispettivamente la capacità di legare i desideri alla realtà, senza farli coincidere, e l’utilizzo di meccanismi basati sulla rimozione che, in assenza di una adeguata capacità di mentalizzare, potrebbero non essere disponibili.

Opere citate: 

Abrams S. 1987 – The psychoanalytic process: A schematic model. International Journal of Psycho-Analisys  – 68. – p. 441-452.

Abrams S. 1990 – The psychoanalytic process: The developmental and the integrative. Psychoanalytic Quarterly – 59. – p. 650-677.

Fonagy P. 1991  –Thinking about thinking: Some clinical and theoretichal considerations in the treatment of a borderline patient. International Journal of Psycho-Analysis – 72  – p. 639-656.

Fonagy, P.; Gergely, G.; Jurist, E.L.; Target, M.  2002 – Affect Regulation, Mentalization, and the Development of the Self – London: Other Press – Tr. it.: “Regolazione affettiva, mentalizzazione e sviluppo del Sé”. Milano, Cortina (2008).

Jurist E.L. 2005 – Mentalized Affetcivity. Psychoanalytic Psychology – 22 – p. 426-444.