Il dottor Max Belkin, docente presso la New York University, psicologo e psicoanalista a New York, ha pubblicato un articolo divulgativo – con una semplice vignetta clinica – su come gestire un certo tipo di ansia sociale. Di seguito ne viene tradotto un estratto.
Molte persone si sentono incapaci di modificare il proprio modo ansiogeno di pensare, di percepire e di agire. «Provo molta ansia ogni volta che faccio delle presentazioni o che partecipo a delle riunioni di lavoro», dice Jason, seduto nel mio studio. Poi aggiunge:«E’ come il mio karma. Non posso farci niente». «Allora io e te dovremmo rimboccarci le maniche e metterci al lavoro» rispondo!
Jason è sempre preoccupato per quello che gli altri pensano di lui: si preoccupa per il suo aspetto, per quello che dice e per quello che fa. E’ particolarmente mortificato quando crede di apparire stupido e incompetente. Per evitare di commettere errori Jason crea infinite liste e tabelle mentali. Ogni volta che le cose non vanno secondo i suoi schemi la sua ansia sale alle stelle.
Le nostre abitudini mentali derivano da nostre esperienze
Come molte altre persone con ansia sociale, Jason è cresciuto con genitori ansiosi ed estremamente giudicanti. Jason descrive suo padre come irascibile e imprevedibile e sua madre come esigente e perfezionista. Da bambino Jason ha vissuto come dolorosi e frustranti i continui rimproveri dei suoi genitori. Per evitare di perdere il loro affetto ha imparato a valutare attentamente i loro stati d’animo in modo da non essere colto di sorpresa dai loro numerosi cambi d’umore. Non è quindi sorprendente che Jason sia così preoccupato di quello che le altre persone potrebbero pensare a lui.
Jason sperimenta la maggior parte delle situazioni sociali come precarie: si aspetta di essere svergognato o ridicolizzato anche per un piccolo errore. Poiché le situazioni future hanno inevitabilmente il carattere di incertezza, Jason cerca di confortarsi immaginando che le sue attività quotidiane si svolgeranno secondo i suoi propri piani. Quando il suo capo non gli fa i complimenti per la sua prestazione o un amico non risponde al telefono Jason va in ansia e teme di aver fatto qualcosa di sbagliato.
I pensieri ansiogeni spesso passano inosservati
Le prime esperienze emotive con i genitori forniscono una matrice, uno “stampo”, un modello per l’immagine che ognuno costruisce di se stesso e per il modo di relazionarsi agli altri. Nonostante ciò spesso non si è consapevoli delle radici familiari delle dei propri modi di essere e di pensare. In realtà, non solo non si ha alcuna idea circa le origini dei propri pensieri e sentimenti su se stessi, ma spesso non si è in grado di conoscerli o addirittura non si è nemmeno consapevoli di averne! Vengono dati quindi per scontati e vengono visti come parte della propria natura oppure, come dice Jason, come il proprio “karma”.
Come Jason, molti pensano, sentono e si comportano come se avessero attivato una specie di pilota automatico mentale. Ed in effetti l’efficacia di molte delle nostre funzioni mentali dipende dalla loro capacità di operare al di sotto della consapevolezza. Per esempio, se durante una normale conversazione con un amico focalizzassimo la nostra attenzione su come vocalizzare ogni suono, probabilmente perderemmo il filo del discorso. Lo stesso vale per quanto riguarda le abituali modalità di gestire l’ansia e di controllare il proprio livello di autostima. Gli sforzi di Jason per evitare l’ansia attraverso la pianificazione e la programmazione passano sempre inosservati e non possono così essere esaminati.
E’ necessaria una psicoterapia
Si è così abituati ai propri modi abituali di sentire e di pensare che anche gli individui più introspettivi incontrano dei problemi quando si trovano a dover osservare le loro abitudini mentali da una prospettiva esterna. Così, come Freud acutamente sottolineava, l’autoanalisi non è sufficiente: molti dei nostri pensieri impliciti e delle emozioni nascoste possono essere resi visibili solo quando si interagisce e si riflette con un’altra persona. Per far questo è necessaria una psicoterapia (si veda l’articolo sull’efficacia della psicoterapia psicoanalitica per ansia e attacchi di panico). Essendo chiamati ad esprimere a qualcun altro ciò che si sente si ha la possibilità di accorgersi e di riflettere sui propri pensieri e sulle proprie emozioni.
C’è un mito comune da sfatare: che i terapeuti tendono ad andare alla ricerca di dolorose esperienze infantili dei pazienti finendo così col dare la colpa ai loro genitori!
La verità è che terapeuta e paziente cercano di approfondire cosa è accaduto nel passato in modo da sfatare la credenza (che si autoconferma) del paziente che la sua ansia è inevitabile. Quando si scopre che la propria mente svolge un ruolo attivo nel modo in cui percepisce, interpreta e risponde alle diverse situazioni sociali, ci si rende conto di avere un po’ di influenza nella costruzione del presente e del proprio futuro: si ha quindi qualche scelta a propria disposizione.
Ad esempio, insieme al suo terapeuta Jason ha potuto osservare la sua ansia sociale e la sua bassa autostima nel contesto dei suoi sforzi di tutta una vita per compiacere i suoi genitori. Quando Jason ha iniziato a esplorare ed a mettere in discussione i suoi modi impliciti di funzionare ha anche iniziato a chiedersi se avrebbe potuto sviluppare un approccio differente all’interno delle diverse situazioni sociali.
Se si desidera cambiare, la consapevolezza è necessaria ma non sufficiente
Al fine di affrontare le sue paure e sperimentare nuovi modi di gestire l’ansia, Jason ha avuto bisogno di spingersi oltre la sua zona di comfort attraverso la ricerca di nuove responsabilità e partecipando attivamente alle riunioni di lavoro. Jason ha gradualmente verificato che nella maggior parte delle interazioni sociali e di lavoro i suoi timori di essere criticato e umiliato non si materializzano. Man mano che queste nuove esperienze positive si accumulano egli diventa via via più fiducioso e sicuro di sé ed in grado di gestire la sua ansia sociale molto meglio di quanto facesse prima. La stessa terapia agisce come graduale esposizione ad una situazione ansiogena e come posto ideale e sicuro per verificare quanto accade nell’interazione con l’altro.
Liberamente tratto e adattato da: https://www.psychologytoday.com/blog/contemporary-psychoanalysis-in-action/201603/how-manage-your-social-anxiety