Un tema molto importante del cambiamento psicologico ha a che fare con quella che possiamo definire la “comprensione” delle cause di un particolare disturbo, sofferenza psichica o difficoltà relazionale.

Siamo abituati a riferirci alla comprensione come a quel particolare insieme di fatti che, una volta messi in relazione tra di loro, permettono di avere una chiara idea di come si siano svolte alcune vicende e di quali eventi abbiano provocato determinate conseguenze.

Certamente questo tipo di comprensione è utile e, il più delle volte, rappresenta un sollievo per il paziente: sapere che alcune cause ben precise abbiano determinato le sue sofferenze in qualche modo gli permette di non sentire anche il peso della responsabilità per la propria sofferenza.

Ma il cambiamento psicologico non passa dalla comprensione razionale. Per un paziente, sapere che sua madre era così attenta all’esteriorità da non riuscire ad occuparsi dei bisogni profondi del proprio figlio, può sollevarlo dal peso di sentirsi responsabile del cattivo rapporto e dei sentimenti ostili tra di loro. Ma questa comprensione, se esclusivamente logica, razionale, fattuale, non comporta una reale liberazione dai profondi e tenaci sentimenti depressivi.

Questa comprensione, per essere efficace, deve avvenire attraverso un’esperienza carica affettivamente ed in un contesto sperimentato come sicuro: in altri termini il paziente deve arrivare a questa comprensione passando attraverso un’esperienza che in qualche modo gli riproponga sia la situazione che gli ha causato la sofferenza che una nuova lettura e una nuova soluzione. Anche le recenti scoperte neurofisiologiche confermano l’importanza degli affetti nei processi di consolidamento della memoria e di nuovo apprendimento.

Restando all’esempio precedente: il paziente in terapia non può che comportarsi secondo i propri schemi, i quali gli garantiscono di evitare situazioni in grado di causargli sofferenza. Quindi in qualche modo eviterà di farsi conoscere fino in fondo poiché, come accaduto con sua madre, teme che, se lo facesse, questo suo movimento non incontrerebbe l’interesse dell’altro oppure teme che sarebbe nuovamente frainteso oppure, peggio ancora, teme che sarebbe deriso, criticato per come è, ecc.. Quindi il paziente ripeterà le sue modalità relazionali, in modo molto sottile, anche in terapia. Tale materiale emergerà all’interno della relazione con il terapeuta e quindi sarà carico emotivamente poiché si tratterà di qualcosa di reale che avviene “in diretta” tra i due: i sentimenti saranno sperimentati in modo reale. Non si tratterà di parlare di sentimenti ma di provarli, di viverli. L’unica ma importantissima differenza è che tutto questo avverrà in un ambiente protetto, in una situazione sicura dove sarà possibile osservare ciò che accade e, nel momento stesso in cui la situazione problematica si presenta, diviene possibile valutarla sotto differenti prospettive ed anche trovare nuove soluzioni. In questo modo si giunge ad una reale comprensione esperienziale e non solo intellettuale, in grado di avviare un effettivo processo di cambiamento.