Quando si tratta di affrontare con i bambini argomenti come la sessualità il concepimento e la nascita, il rischio più grande è spesso quello di parlare troppo, con imbarazzo, e usando termini troppo tecnici. Capita così che i bambini finiscano col ricevere più informazioni di quante ne possano recepire e soprattutto che i bambini prendano le informazioni ricevute (a causa delle loro fantasie interne) in modo completamente differente da quanto l’adulto intendeva dire, creandosi una visione tutta loro dei fatti; a questo punto i bambini sembrano soddisfatti dalle risposte e smettono di chiedere oltre, lasciando che l’equivoco persista e si autoalimenti dentro di loro.

È utile invece parlare del concepimento ai bambini fornendo informazioni adatte al loro livello di sviluppo. Di solito si chiede raramente ai bambini cosa loro pensino mentre ci si preoccupa solo di quello che si dice in quanto genitori: in questo modo però non è possibile rendersi conto di come la loro capacità di analisi cambi in relazione alle differenti età.

Nell’ambito delle ricerche condotte negli anni settanta fa da Anne C. Bernestein e Philip A. Cowan presso la Berkley University, fu messa a punto un’intervista pratica che consisteva nel chiedere ai bambini “Come fa la gente ad avere bambini?”. Le risposte non riflettevano affatto le informazioni ricevute ma seguivano il filo di una logica infantile che rifletteva il grado di comprensione del mondo. Ad esempio una bambina di quattro anni rispose: “Per farti crescere un bambino nella pancia prima lo devi fare: gli metti gli occhi, la testa, i capelli. Lo fai con la roba che si compra alla bottega. La mamma e il papà fanno il bambino e poi lo mettono nella pancia e dopo viene fuori.”

Jean Piaget considera ogni bambino come un filosofo che lavora per rendersi comprensibile l’universo, modellandolo nei termini del suo livello di comprensione per poi, quando riceve nuove informazioni che non si adattano più alla sua vecchia visione del mondo, ristrutturare la sua conoscenza.

Nelle ricerche di Anne Bernstein le risposte dei bambini corrispondevano all’incirca a sei differenti livelli di maturità, mettendo in luce una importante sequenza evolutiva. Le differenze tra un livello e quello successivo rifletterebbero un mutamento nelle strategie per la soluzione dei problemi: sarebbe la struttura della risposta e non il suo contenuto a distinguere un livello da un altro.

 

Primo livello: Geografia. Alla domanda “Come fa la gente ad avere bambini?” i più piccoli, di solito di tre-quattro anni, rispondono come se fosse una questione topologica. Per loro il bambino è sempre esistito ed il problema reale è dove si trovasse prima. È un problema di luogo. Prima della pancia della mamma era da un’altra parte, spesso in un’altra pancia. Questi bambini hanno la credenza che loro stessi e le persone che conoscono siano sempre esistiti.

Secondo livello: Artificialismo. È un classico concetto di Piaget, che rispecchia l’egocentrismo infantile e che si ritrova nelle ricerche effettuate alla Berkley University. In questa fase si crede che i bambini vengano fabbricati come se fossero degli elettrodomestici. Se non sono sempre esistiti, allora devono essere stati costruiti da qualcuno. Non importa se non hanno mai visto una fabbrica di bambini: inventano le risposte adattando quello che hanno visto e sentito alla loro visione del mondo. D’altro canto in questa fase i bambini riescono a interpretare il mondo solo in termini di eventi o processi che loro stessi hanno sperimentato: i bambini allora possono essere concepiti per “inghiottimento” e partoriti per “evacuazione”. Il padre è raramente messo in relazione con la nascita.

Terzo livello: Transizione. I bambini a questo livello spiegano la procreazione con un misto di tecnica e fisiologia ma cercano di non uscire dall’ambito di operazioni che siano tecnicamente realizzabili: sanno che il papà e la mamma non possono aprirsi e chiudersi la pancia, ma possono presumere che il concepimento sia impossibile senza il matrimonio, oppure accettare del tutto letteralmente la spiegazione dei genitori che il concepimento è come “piantare un seme”. Il bambino a questo livello crede ancora che il mondo della natura sia vivo e parla delle cose animate e inanimate come se avessero una volontà e agissero deliberatamente (è il classico concetto di animismo individuato da Piaget). I bambini del terzo livello possono sapere che per fare un bambino ci vogliono tre ingredienti: relazioni sociali come l’amore e il matrimonio, il rapporto sessuale e l’unione di sperma e ovulo. La loro capacità di combinare questi fattori in un insieme coerente è però limitata: i bambini sono in un periodo di transizione tra le fasi di sviluppo che Piaget chiama “preoperatoria” e delle “operazioni concrete”. Durante questo periodo di transizione i bambini sono spesso consapevoli che le loro spiegazioni sono insufficienti.

Quarto livello: Fisiologia Concreta. I bambini che vanno da questo livello (circa otto anni) al sesto (più o meno dodici anni), trovano soprattutto spiegazioni fisiologiche. I bambini ora possono pensare in termini logici su oggetti e persone, considerano passato, presente e futuro e comprendono l’idea di causa e effetto. Per quanto conoscano i fatti fisici della vita, i bambini del quarto livello non capiscono perché il materiale genetico si debba unire per dare inizio a una nuova vita. Ad esempio una bambina a questo livello risponde: “L’uomo e la donna vanno insieme, allora l’uomo ha il seme e la donna ha un uovo. Devono andare insieme, sennò il bambino non è covato tanto bene. Il seme fa crescere l’uovo. È proprio come le piante: se si pianta un seme, cresce un fiore”. Questa bambina sa che il rapporto sessuale è il mezzo per unire il seme e l’uovo e anche che per creare una nuova vita ci vuole l’uno e l’altro, ma non ha una chiara idea del perché, né cerca di trovare una soluzione col ragionamento.

Quinto livello: Preformazione. A questo livello i ragazzi tentano almeno di spiegare la necessità dell’unione di spermatozoo e uovo, ma per lo più insistono sull’idea che il bambino è già preformato in una delle cellule germinali. Questi bambini, nello studio di Berkley, in genere avevano undici anni e sembravano ripetere la storia dell’embriologia: credono che una sola cellula (per alcuni è l’uovo, per altri lo spermatozoo) si porti dentro un uomo in miniatura. A differenza dei bambini piccoli di tre e quattro anni, i ragazzi del quinto livello inseriscono in questa nozione una complessa teoria di causalità. Nello studio tutti i ragazzi accennavano alla sessualità e al rapporto sessuale.

Sesto livello: Causalità Fisica. Verso i dodici anni i ragazzi iniziano a mettere insieme tutti gli elementi: danno spiegazioni esclusivamente fisiche del concepimento e della nascita e si rendono conto che entrambi i genitori danno un contributo di materiale genetico all’embrione. Sono consapevoli degli aspetti morali e sociali della riproduzione ma non insistono sull’idea che il matrimonio si necessario per il concepimento. In questa fase i ragazzi si muovono verso lo stadio delle “operazioni formali”, sono in grado di elaborare teorie e metterle alla prova con la realtà: sono capaci di pensare sul pensiero. L’esposizione è scientifica ed è comunque la struttura del discorso e non l’esattezza che indica il livello di comprensione del ragazzo.

Spesso poi spiegazioni “parallele” su come si fanno i bambini possono confondere gli stessi bambini: i libri che parlano di riproduzione di fiori, api, conigli e galline, per poi arrivare all’uomo, rischiano di complicare le cose. Alcuni bambini finiscono col pensare che un bambino sia prima un fiore, poi un’ape per poi finire nella pancia della mamma!

Quello che la Bernstein suggeriva di fare era di tenere conto del livello di comprensione in cui si trova il bambino e provare ad ampliare la sua comprensione fino ad includere quei concetti che si trovano al livello immediatamente superiore. Per individuare il suo livello di comprensione è sufficiente porre domande che sollecitino il bambino a esprimere le sue credenze, ad esempio: <<Come fa la gente ad avere i bambini? Come fanno le mamme a diventare mamme? Come ha fatto il tuo papà a diventare papà?>> Importante poi è non sommergere il bambino di informazioni.

Ad esempio il bambino in età prescolare, al primo livello, che pensa solo che i bambini siano sempre esistiti e che crescano nella pancia della mamma, può arrivare a livello successivo dell’artificialismo se gli diciamo che la mamma e il papà fanno i bambini, che solo le persone possono fare le persone e che per fare un bambino c’è bisogno di due persone grandi, un papà e una mamma.

Quello del secondo livello, che pensa che i bambini vengano fabbricati dai genitori, può essere pronto a ricevere le informazioni sull’incontro dello spermatozoo e della cellula uovo, ma non sulla divisione cellulare e sul contributo genetico dei genitori; gli si può spiegare che fare un bambino è un po’ diverso che fare una bambola, che mamma e papà hanno nel corpo delle cose speciali, come dei piccoli semi, che usano per fare i bambini. Se il bambino parla di pance da aprire gli si può parlare di pene e vagina come organi grazie ai quali i semi si incontrano.

I genitori possono usare la curiosità del bambino come guida per decidere la quantità di particolari che è pronto ad assimilare. È sempre importante tenere presente che i bambini non sono degli adulti in miniatura e non pensano come gli adulti, pertanto è necessario scoprire in che modo i bambini recepiscono, adattano e distorcono le informazioni per poter poi parlare loro del sesso in una maniera che non li porti a creare delle inutili e confuse spiegazioni sulle origini della vita.

Al terzo livello è importante chiarire i malintesi offrendo semplici e comprensibili spiegazioni fisiologiche. Ad esempio chiarire che l’amore di mamma e papà non basta da solo a far nascere i bambini e che è necessaria l’unione di spermatozoo e cellula uovo.

Al quarto e quinto livello infine può essere importante spiegare che il bambino comincia ad esistere solo quando lo spermatozoo e l’uovo si incontrano e si fondono e che i semi della vita provengono da entrambi i genitori, dai quali il piccolo eredita le sue caratteristiche fisiche. Un buon modo per spiegare l’ereditarietà è quello di farlo in termini di informazioni: si può dire che spermatozoo e uovo contengono entrambi un codice di informazioni, accennando ai lineamenti del viso, al colore degli occhi, dei capelli e della pelle. È altrettanto importante sottolineare che né lo spermatozoo né l’uovo hanno l’intero codice finché non si uniscono, mentre insieme completano il messaggio, per svilupparsi in un bambino che è figlio di una particolare coppia di genitori.