Teoria evolutiva della mentalizzazione

psicologo milano – Dott. Luca Mazzotta

E’ interessante studiare il modo in cui si acquista la capacità psichica di “mentalizzare” che sta alla base dell’organizzazione del senso del Sé e della vita relazionale. In primo luogo è necessaria la presenza e l’interazione con menti adulte sufficientemente riflessive: una mente può nascere solo nella relazione con un’altra mente.

In quella che è conosciuta come l’approccio della “teoria della mente”, il bambino acquisisce una teoria della mente osservando cosa la gente fa e deducendo, su base logica, il perché lo fa (Gopnik, 1996). Da un’altra prospettiva, nota come approccio della “simulazione”, il bambino si mette nei pani dell’altro ed inferisce operazioni mentali e stati intenzionali sulla base di come lui stesso potrebbe sentirsi e pensare (Harris, 1992).

In contrasto con questi approcci strettamente cognitivi, nei quali ogni “operazione” è effettuata “in solitudine”, nella teoria della mentalizzazione si suppone, da un punto di vista psicoanalitico, che la formazione del Sé inizi in una relazione con l’altro: è l’interazione corporea il primo veicolo attraverso il quale si acquisisce e si sviluppa un senso di soggettività. L’idea che la nostra comprensione della mente dipenda essenzialmente dal corpo è, ovviamente, non nuova: Freud oltre un secolo fa, affermava che “l’Io è prima di tutto e soprattutto un Io corporeo” (Freud, 1922).

La base di partenza del processo evolutivo che vede l’emergere della capacità di mentalizzare è individuabile nella teoria dell’attaccamento (Bowlby, 1969): l’estrema vulnerabilità del neonato (come dei cuccioli dei mammiferi in generale) è compensata da una predisposizione biologica a cercare protezione presso il caregiver. Grazie a questa predisposizione, ed alla disponibilità di figure di attaccamento che si prendano cura del piccolo, lo sviluppo può procedere in un’atmosfera di relativa sicurezza. Sarebbe però profondamente riduttivo ritenere che il vantaggio evolutivo derivante dall’attaccamento riguardi esclusivamente la protezione fisica. Il piccolo dell’uomo viene al mondo in condizioni di fisiologica immaturità; inoltre la condizione umana è caratterizzata dalla difficoltà di adattamento a sopravvivere in qualunque luogo della terra, cosa che invece non avviene per gli altri animali. Questa condizione è stata, ed è, condizione per la nascita della cultura: l’ambiente in cui l’uomo si adatta a vivere è un ambiente che egli stesso inventa, l’ambiente culturale. La cultura infatti rappresenta sia la natura che l’ambiente dell’uomo (Lo Verso, et al., 1995).

Si può pertanto affermare che lo sviluppo dei processi psichici è necessario per dare all’individuo gli strumenti per poter vivere, collaborare e cooperare o competere con gli altri: per agire all’interno del suo ambiente culturale. Pertanto il vantaggio evolutivo della mentalizzazione è quello di permettere una migliore adattamento evolutivo all’interno del proprio ambiente. Quindi, in sintesi, il vantaggio selettivo più importante conferito agli esseri umani dalla mentalizzazione sembra essere quello di poter sviluppare, all’interno delle relazioni di attaccamento e grazie alla vicinanza ad adulti disponibili, l’intelligenza sociale e la capacità di “costruire significati” (Allen, et al., 2006).

L’attaccamento e la mentalizzazione sono dunque strettamente connessi: una efficace mentalizzazione del genitore, cioè la sua capacità di interpretare adeguatamente gli stati mentali del proprio Sé e del bambino, non distorcendoli, confondendoli e proiettandoli, dà origine ad una relazione di attaccamento sicuro che, a sua volta, permette uno sviluppo della capacità di mentalizzare nel bambino.

Recenti ricerche stanno iniziando a svelare sia i meccanismi neurobiologici che i processi psicologici mediante i quali ciò accade

[(Rizzolatti, et al., 1996), (Gallese, et al., 1996)]. Queste ricerche confermano la presenza di neuroni specchio nei circuiti premotori-parietali del cervello delle scimmie, che si attivano sia quando gli animali compiono una particolare azione che quando osservano un altro animale che compie la stessa azione: è anche stato dimostrato che l’affetto che accompagna l’azione è allo stesso modo evocato nell’osservatore. In altri termini, è come se le azioni e gli stati mentali degli altri possano essere “catturati” ad un livello neurobiologico, fornendo così le basi per l’esperienza e la comprensione intersoggettiva, per l’empatia.

Ciò però avviene gradualmente. L’infant research, studiando l’organizzazione della mente nelle prime fasi di vita, può descrivere l’origine presimbolica delle rappresentazioni del Sé e dell’oggetto.

Esiste infatti nel bambino una complessa capacità di rappresentazione presimbolica anteriore alla simbolizzazione, usata dal bambino per rappresentarsi le interazioni cui partecipa. I modelli di interazione (modalità in cui genitore e bambino si influenzano reciprocamente nel corso dell’interazione) comprendono sia il modo in cui il bambino regola il suo livello di attivazione (autoregolazione) sia la regolazione interattiva. Questi modelli di interazione si organizzano, man mano che si ripetono, in modelli di interazione generalizzati, iniziando così ad organizzare l’esperienza del bambino.

 

Opere citate

Allen J.G. e Fonagy P. Mentalization-Based Treatment [Libro] / a cura di Fonagy P. e Allen J.G.. – Chichester : John Wiley & Sons, 2006. – Tr. it.: La mentalizzazione. Psicopatologia e trattamento. Bologna, Il Mulino (2008).

Bowlby J. Attachment and Loss. Vol. 1: Attachment [Libro]. – London, : basic Books, 1969. – Tr. it.: “Attaccamento e perdita. Vol. 1: L’attaccamento alla madre”. Torino, Bollati Boringhieri (2003).

Freud S. L’Io e l’Es : OSF, 9, 1922.

Gallese V. [et al.] Action recognition in the premotor cortex [Articolo] // Brain. – 1996. – 119. – p. 593-609.

Gopnik A. Theories and modules: Creation myths, developmental realities and Neurath’s boat [Sezione di libro] // Theories of theories of mind / aut. libro Carruthers P. e Smith P.. – Cambridge, UK : Cambridge University Press, 1996.

Harris P.L. From simulation to folk psychology. The case for development [Articolo] // Mind and Language. – 1992. – 2. – p. 120-144.

Lo Verso G. e Papa M. Il gruppo come oggetto di conoscenza e la conoscenza del gruppo [Sezione di libro] // La psicodinamica dei gruppi. Teorie e tecniche / aut. libro Di Maria F., Lo Verso G. e di) (a cura. – Milano : Cortina, 1995.

Rizzolatti G. [et al.] Premotor cortex and the recognition of motor actions [Articolo] // Cognitive Brain Research. – 1996. – 3. – p. 131-141.