Quello dello psicologo non è certo un mestiere comune eppure, considerando i dati relativi alle iscrizioni universitarie, sembra avere un’attrattiva del tutto particolare. Lo psicologo studia la mente, certo, la psiche. Ma di quale psicologia si può parlare? Di quale mente? La mente può essere definita come quell’insieme di funzioni che originano da un organo ben preciso: il cervello. Ebbene, le funzioni del cervello sono moltissime, la maggior parte delle quali vengono svolte senza che se ne abbia la benché minima consapevolezza, esattamente come non abbiamo una forma di consapevolezza dei processi digestivi, dei processi metabolici ecc.

Il cervello viene da alcuni visto come una specie di potente e complesso “calcolatore”, il cui compito è quello di trovare soluzioni a problemi complessi attraverso una certa metodologia di calcolo. Altri ancora vedono il cervello come il luogo in cui vengono percepite le emozioni. Sì: percepite. Poiché le emozioni sono, da un punto di vista neurofisiologico, un insieme di reazioni somatiche che il cervello impara a riconoscere come un segnale ben preciso, che di volta in volta ci informa di cosa sta accadendo nella nostra continua interazione con il mondo (interno o esterno). Processi emotivi e processi cognitivi, dunque, appartengono a due categorie differenti delle funzioni cerebrali: i primi hanno un profondo radicamento nel corpo, nel soma, i secondi sono quasi esclusivamente “mentali”, cerebrali. Ciò non significa che non vi siano delle strette connessioni tra gli uni e gli altri, ed in effetti i processi emotivi influenzano profondamente quelli cognitivi così come i processi cognitivi spesso hanno la funzione di regolare o comunque influenzare quelli emotivi. Quindi lo psicologo di cosa si occupa? Dipende dallo psicologo…

Lo psicologo interessato ai processi cognitivi sarà molto più concentrato su come funziona la mente, vista come processi di pensiero, per lo più logici, razionali, più o meno coscienti. Dico “per lo più”, “più o meno”, perché uno psicologo cognitivista si occupa anche di processi di pensiero irrazionali o di processi inconsapevoli, ma lo fa considerandoli una specie di “sottocategoria”, qualcosa che devia dalla norma. Cioè un pensiero irrazionale è una specie di “errore” che una volta svelato può essere corretto, un processo inconscio è qualcosa che può e deve essere conosciuto.

Lo psicologo interessato ai processi emotivi invece, è costretto a scendere un po’ al di sotto dei processi di pensiero logici e consapevoli, o che comunque possono essere descritti in termini di razionalità o “conoscibilità”. Ma se da un lato il pensiero ha il compito di ridurre la complessità e di risolvere i conflitti, è interessante occuparsi proprio della complessità e della conflittualità, elemento intrinseco e fondante della natura umana. Allora la psiche comincia a diventare qualcosa di più ampio, complesso, qualcosa che si intreccia con il corpo, con le esperienze, che si allontana dal pensiero e spesso anche dalla pensabilità sotto forma di rappresentazione. Ed in effetti lo statuto del mentale è inconscio, così come il concetto di razionalità è un semplice attributo anch’esso “razionale” e dunque non super-partes. Il mondo psichico dunque ha una sua caratteristica peculiare che prescinde dalla stessa conoscibilità e valutazione psichica. Vi sono infatti processi che agiscono attraverso un continuo via vai tra corpo e mente ma che sono difficilmente afferrabili dal solo pensiero logico-razionale. Eppure si tratta comunque di qualcosa di ben definito, semplicemente non possono essere misurati secondo i criteri della razionalità. Sarebbe come voler misurare la lunghezza usando una bilancia.

Si tratta a volte di quelle sensazioni che ogni tanto si provano e che non si riesce bene a spiegare, di quelle sensazioni che può essere molto difficile descrivere a parole ma che emergono in particolari contesti e che spesso può essere facile localizzare in alcune parti del corpo o descrivere come sensazioni somatiche: è l’ambito del “pensiero non pensato” o “non-ancora pensato”. In una psicoterapia psicoanalitica, ma più spesso in una vera e propria psicoanalisi, può talvolta capitare di imbattersi in queste aree “di confine” tra lo psichico e il somatico.  Sono situazioni intense ed affascinanti, che richiedono un grande sforzo da parte del paziente e dello psicoanalista per essere individuate, accettate e comprese. Spesso svelano aspetti di sé che erano rimasti “scissi” dal proprio psichismo, confinati al limite tra il corpo ed il pensiero. Lo scopo del trattamento, in questi casi, è proprio quello di concedere “asilo” a questi pensieri all’interno del sistema psichico, individuando grazie al lavoro congiunto tra psicoterapeuta e paziente, gli elementi, le circostanze e le motivazioni che hanno impedito l’accesso al sistema psichico.