Sempre più atleti si affidano agli esperti di psicologia dello sport. I successi sportivi infatti non sono esclusivamente una questione di forma fisica e allenamento: spesso a decidere una gara non sono solo i muscoli ma anche lo stato mentale di un atleta. Con l’aiuto dei metodi di allenamento psicologico i campioni dello sport cercano di incrementare il loro potenziale e la loro capacità e di sfruttarlo in modo ottimale al momento giusto. I fattori mentali più importanti, nell’allenamento e nella competizione, sono il rilassamento, la concentrazione, l’autoconvinzione (intesa come fiducia nelle proprie forze) e la motivazione. Poiché non esiste un metodo psicologico standard, sono state sperimentate diverse tecniche a cominciare dalla visualizzazione, termine con cui in psicologia dello sport si intende la rappresentazione interna del fluire del movimento o dello scopo dell’azione, al fine di migliorarne la coordinazione dell’esecuzione. La concentrazione si dimostra particolarmente efficace quando è dedicata sia all’analisi dei singoli movimenti sia all’obiettivo finale dell’azione (si pensi ad esempio all’andare in buca nel golf). Quando l’immaginazione si concentra su una sensazione corporea o sull’impulso di effettuare realmente un movimento, si parla di allenamento ideomotorio. Il dialogo interno offre la possibilità di annullare gli stimoli esterni o i pensieri intrusivi, e di rafforzare la volontà di resistenza. Le istruzioni interiori dovrebbero possibilmente riferirsi ad azioni concrete (per esempio oscillare, allungarsi, colpire) e avere il carattere di un’esortazione positiva (“insisti!”). Il training autogeno fu sviluppato negli anni Venti dallo psichiatra tedesco Johannes Heinrich Schultz (1884-1970) per diminuire tensioni e ansia nei suoi pazienti. Il nucleo di questo metodo è costituito da formule di autosuggestione quali “sono molto tranquillo!” oppure “la mia gamba diventa molto forte “ripetute mentalmente mentre si sta sdraiati o seduti in posizione rilassata, completamente concentrati. I più esperti riescono a focalizzarsi mentalmente su funzioni fisiologiche come la respirazione o il battito cardiaco, riuscendo addirittura a rallentarli o accelerarli. Nel rilassamento muscolare progressivo, infine, la concentrazione focalizzata ottiene un effetto di rilassamento di una singola parte del corpo, come le spalle o le braccia, particolarmente efficace.  Lo psicologo Edmund Jacobson (1885-1976) ha ideato un piano sistematico di esercizi per tutti i grandi gruppi muscolari.

In linea di principio l’armamentario dei trucchi del training mentale può essere utile anche agli sportivi dilettanti. Il desiderio sempre più diffuso di sperimentare i limiti delle proprie prestazioni permette sempre più spesso anche agli atleti amatoriali di cimentarsi nei <<percorsi vita>>. Qui però entrano in campo gli interessi dell’industria del fitness: sulla scena sportiva commerciale offrono i loro servigi anche personaggi di dubbio valore, tanto più che alcune categorie professionali diverse dagli psicologi non sono sottoposte ad alcun controllo. Quel che distingue un professionista da un “guru” privo di competenza è innanzitutto una certa concretezza: la valutazione degli obiettivi e dei bisogni individuali produce sempre più successo di disinvolti pacchetti di istruzioni buone per tutte le stagioni. Perciò ogni assistenza psicologica seria prende l’avvio dal confronto fra possibilità concreta e obiettivi: a quale livello di prestazione si muove lo sportivo? Quali sono i suoi problemi e i suoi desideri individuali? Solo dopo aver risposto a queste domande si può passare ad applicare metodi appropriati per favorire il rilassamento, la volontà di affermarsi o la motivazione. E non bisogna mai dimenticare che la buona forma fisica e il dominio di tecnica e tattica rimangono l’alfa e l’omega di qualunque sport. Nessuno è mai riuscito a vincere una gara grazie alla sua la forza di volontà!

Tratto da “Mente e Cervello” (2004) n.10, anno II.