La collega Lisa M. Juliano, psicologo clinico e psicoanalista di New York, specializzata al William Alanson White Institute, propone un interessante articolo sulle “lamentele”.

Tutti noi conosciamo qualcuno che non fa altro che lamentarsi in continuazione… talvolta questo qualcuno siamo proprio noi stessi. In questo caso è molto probabile che i nostri amici e familiari ce lo abbiano già fatto notare in diverse circostanze. Ma se non siamo ancora così sicuri di appartenere alla categoria dei “piagnoni”, ecco alcuni indizi da cercare:

  • Niente sembra abbastanza buono;
  • Ci si aspetta il peggio oppure anche se non fosse proprio il peggio, ci si aspetta di restarne delusi;
  • Si è un po’ perplessi rispetto alle persone che sembrano sorridenti la maggior parte del tempo.

In realtà non tutte le lamentele sono uguali e, secondo la dott.ssa Juliano, possono essere suddivise in tre categorie:

  1. La lamentela attiva e adeguata – Una lamentela attiva è diretta ad uno specifico evento o situazione che non soddisfa le aspettative. La persona insoddisfatta denuncia la propria insoddisfazione a chi ne è responsabile. Una lamentela di questo tipo solitamente proviene da una persona che possiede un elevato livello di assertività, fiducia ed autostima e che sa chiedere ed ottenere quello che vuole.
  2. Lo sfogo – Con lo sfogo si esprime una forte emozione al fine di alleviare la pressione che la stessa emozione ha causato. Ha aspetti positivi e negativi. Quando una persona, nel mezzo di  una situazione stressante ed angosciante, si sfoga all’interno di un gruppo di individui che la pensano come lui, questo sfogo spesso si trasforma in una sessione di brainstorming che può finire col tradursi in un’azione. Inoltre lo stesso sfogo può far diminuire la presa di sentimenti di rabbia o frustrazione. Ma uno sfogo costante senza una conseguente azione diventa un semplice piagnisteo.
  3. La lamentela inutile – La lamentela inutile è del tutto diversa. L’oggetto della lamentela è spesso una condizione su cui si ha poco controllo. Tuttavia lamentandosene l’individuo ha la sensazione di acquistare un certo controllo e – erroneamente – sente di padroneggiare in qualche modo  qualcosa che non può essere controllato. Queste persone spesso vedono il bicchiere mezzo vuoto per proteggersi dalla delusione. Le loro lamentele in realtà non hanno lo scopo di cambiare una situazione, ma di creare uno stato mentale: il piagnone gestisce il rischio della delusione spostando le proprie aspettative verso il basso. Ad esempio, un attore che stia cercando di ottenere una parte potrebbe lamentarsi del fatto che le audizioni non premino mai chi è davvero meritevole.

Il “piagnone” in realtà mette in atto un auto-sabotaggio

I “piagnoni”, quando si lamentano di qualcosa, spesso lo fanno in un modo che può paradossalmente indurre le altre persone a non soddisfare i loro bisogni. I piagnoni ritengono, generalmente in modo inconsapevole, che saranno sicuramente frustrati e così, senza rendersene conto, usano tattiche che finiscono col mettere le altre persone sulla difensiva. Ad esempio, possono comportarsi in modo infantile quando si lamentano, fare richieste irrealistiche o scegliere il momento meno opportuno per lamentarsi. In questo modo, quando non ottengono quello che vogliono, la convinzione che i loro bisogno non potranno mai ottenere soddisfazione ne risulta rinforzata.

Per i “piagnoni cronici”, ogni situazione diventa una buona occasione per trovare un difetto e lamentarsi. Alla fine questo atteggiamento prosciuga la loro vita di ogni piacere. Lamentarsi in continuazione può anche influenzare stabilmente l’umore e produrre uno stato d’animo negativo sino a sfociare nella depressione. Così il piagnone cronico cade in un circolo vizioso di critica, sentimenti negativi e incapacità di affrontare la situazione con una mente più aperta. Alla fine, la capacità di star bene e provare gioia è compromessa.

Cosa si può fare?

Cercare di capire la natura delle proprie lamentele e la modalità con cui vengono espresse. Alcune domande possono essere utili:

  • Le lamentele hanno un contenuto specifico e circoscritto oppure sono vaghe e geniche? Queste ultime di solito si riferiscono a problemi che non hanno soluzione e su cui non è possibile avere un qualche tipo di controllo, come il tempo che passa ad esempio.
  • Le lamentele sono sempre le stesse? Potrebbe essere che questo tipo di lamentele rappresentino un modo – spesso controproducente – di ottenere l’empatia da parte di qualcuno o siano  un modo indiretto – e spesso non molto efficace – di chiedere aiuto.
  • Si ha il timore che se non ci si concentra sui possibili esiti negativi di una situazione ci si possa ritrovare impreparati davanti ad una grande delusione? Questa strategia però impedisce ad una persona di vivere pienamente gli aspetti positivi che una data situazione potrebbe offrire.

Tutti si lamentano di tanto in tanto. Tuttavia, se si ha la sensazione di lamentarsi in continuazione senza arrivare da nessuna parte, potrebbe essere il momento di contattare uno psicologo psicoterapeuta. Esplorare le proprie lamentele e le proprie modalità può aiutare a scoprire i sentimenti più profondi alla base del proprio comportamento, e forse offrire la possibilità di sperimantare una maggiore soddisfazione e vivere una vita più serena e piacevole.

Liberamente tratto e tradotto da: https://www.psychologytoday.com/blog/contemporary-psychoanalysis-in-action/201508/no-one-likes-complainer-heres-why