Il DPCM del 13 ottobre entrato in vigore il 14 Ottobre 2020, rimarca e ribadisce l’importanza di adottare comportamenti responsabili al fine di tenere contenuto il livello del contagio, un obiettivo che diventa più sfidante con l’arrivo della stagione invernale e la necessità di lavorare e vivere al chiuso.

La novità più rilevante per lo svolgimento dell’attività professionale è l’obbligo di utilizzare sempre le mascherine quando ci si trova in luoghi al chiuso, indipendentemente dalla distanza tra le persone.

L’Ordine degli Psicologi della Lombardia ha predisposto delle linee guida per lo svolgimento dell’attività professionale alla luce della nuova normativa.

Con il nuovo DPCM del 13/10/2020, non si sono avute sostanziali modifiche ai protocolli e linee-guida anti-contagio previsti per le attività economiche, produttive, amministrative e sociali.

Tuttavia, è stato previsto che i dispositivi di protezione delle vie respiratorie (mascherine) debbano essere usati sia al chiuso che all’aperto.

La mascherina deve sempre essere indossata se ci sono altre persone non conviventi nella stessa stanza. Non basta, ad esempio, essere in luogo affollato mantenendo il distanziamento sociale gli uni dagli altri, in quanto anche in tale circostanza – secondo quanto previsto dal nuovo DPCM – la mascherina va indossata obbligatoriamente.

In generale, le strutture sanitarie private, e quindi gli studi professionali privati, possono continuare ad operare e a erogare i propri servizi esclusivamente per le prestazioni che i professionisti giudichino non rinviabili e urgenti (sempre previo appuntamento, pianificando le prestazioni in modo da evitare la permanenza dei clienti nelle sale d’attesa e mettendo in atto tutte le misure necessarie per la sicurezza e la sanificazione degli ambienti; ma si veda il post: Fase 2, meglio i colloqui in presenza o in videochiamata?). Negli altri casi deve essere utilizzato lo strumento dei colloqui a distanza.

Ogni professionista deve valutare attentamente l’effettiva urgenza e inderogabilità della prestazione in presenza, attenendosi alle norme igieniche indicate dal Ministero della Salute.

Nel caso in cui il professionista risultasse positivo al coronavirus si verrebbe a configurare una situazione delicata dal punto di vista della privacy poiché questi sarebbe tenuto a riferire i nomi dei pazienti con cui è venuto a contatto: è importante ricordare che la tutela della Salute Pubblica nel caso di un’emergenza sanitaria è prevalente rispetto alla privacy dell’individuo. Ad ogni modo qualora un professionista fosse coinvolto in un’indagine epidemiologica sarebbe tenuto a comunicare i nominativi delle persone con cui è venuto a contatto ma senza dover specificare le motivazioni del contatto, che sono coperte dal segreto professionale.