Cosa sappiamo circa i fattori psicologici che possono determinare quanto timorosi o preoccupati si diventa per l’attuale epidemia di Ebola? Si tratta di un argomento che certamente richiede una notevole quantità di competenze ed è ovviamente una malattia infettiva che ad oggi non ha ancora alcun trattamento efficace. Ci sono buone ragioni per cui le persone che sono ad alto rischio di contrarre Ebola dovrebbero essere prudenti, ma perché così tante altre persone che sono a basso rischio di contrarre l’Ebola temono la malattia spesso fino al punto in cui questa paura diventa debilitante? Graham C.L. Davey (The Psychology of Ebola Fear. How afraid or worried have you become about Ebola? http://www.psychologytoday.com/blog/why-we-worry/201410/the-psychology-ebola-fear) spiega quali possono essere alcuni dei processi psicologici che contribuiscono ad aumentare i livelli soggettivi di paura:

  1. Valutazione del rischio: Non c’è dubbio che la maggior parte delle persone non riescono a valutare obiettivamente il rischio, e molte persone sono inclini a sopravvalutare semplicemente il rischio di brutte cose che possono loro accadere. Questo accade spesso in concomitanza con problemi psichici come il disturbo ossessivo-compulsivo, dove le persone sviluppano rituali complessi volti a neutralizzare quello che vedono come un alto rischio di contaminazione (ad esempio mediante il lavaggio compulsivo). Un recente studio condotto in Canada ha mostrato che 4 su 10 intervistati temono che una situazione di emergenza Ebola dall’altra parte del mondo potrebbe presto rappresentare una minaccia per se stessi. Allora perché alcune persone sviluppano tali valutazioni esagerate di rischio? Una ragione è che essi tendono di solito a percepire le situazioni come pericolose almeno finché non verrà loro dimostrato che sono sicure mentre molti altri tendono a vedere le situazioni come sicuro fino a che non viene loro provato che si tratta di situazioni pericolose! La maggior parte delle persone concordano sul fatto che attualmente il rischio di infezione da Ebola fuori dell’Africa occidentale è molto bassa. Ma per chi percepisce le situazioni comunque come pericolose, fino a prova contraria, il senso del rischio per loro sarà sproporzionatamente alto, causando ansia e preoccupazione.

  2. Sensibilità soggettiva al “disgusto”: Una cosa che sappiamo sulla paura della contaminazione è che può essere influenzata dal livello individuale di “sensibilità al disgusto”. Il disgusto è un’emozione legata al rifiuto del cibo che tutti sperimentiamo quando ci imbattiamo in cose come vomito, feci o muco. Lo scopo di questa emozione è di prevenire la diffusione della malattia attraverso l’ingestione di prodotti che possono essere veicoli di malattie, come feci e muco. Tuttavia, le persone differiscono nella loro sensibilità agli stimoli disgustosi. Le persone con alti livelli di “sensibilità al disgusto” saranno di conseguenza più timorosi dei rischi connessi con Ebola.

  3. Ansia e umore depresso: Vivere stati d’animo negativi, come ansia o depressione, fa percepire potenziali minacce come più pericolose di quello che in realtà sono. Quindi se una persona sta vivendo stati d’animo di ansia o depressione sarà più propensa a vedere l’Ebola come una minaccia. Questo perché gli stati d’animo negativi influenzano in modo significativo il modo in cui si elaborano le informazioni: portano a cercare inconsciamente pericoli e situazioni ed a recuperare più facilmente informazioni negative dalla memoria, interpretando gli eventi potenzialmente ambigui come una minaccia. Nel contesto dell’Ebola, stati d’animo negativi rischiano di fare in modo che l’individuo ricerchi attivamente e in modo selettivo le informazioni sull’Ebola e le interpreti come una minaccia per se stesso. Tutto questo è acqua al mulino della paura dell’Ebola.

  4.  Il “nemico invisibile”: Il problema con batteri o virus è che non si possono vedere ad occhio nudo, quindi è molto difficile stimare quanto una situazione particolare potrebbe comportare realmente un pericolo (ad esempio viaggiando in aereo o anche in lavorando come operatore sanitario in un reparto di isolamento). Ciò è particolarmente impegnativo per le persone che considerano le situazioni come pericolose fino a prova contraria (v. punto 1), perché come si può sapere di essere al sicuro se è possibile vedere il virus? Questo è un dilemma per molte persone che soffrono di disturbo ossessivo compulsivo con timori di contaminazione ed è un fattore che rende spesso il problema difficile da risolvere da un punto di vista cognitivo. Naturalmente, una logica simile può essere applicato anche alla paura di Ebola.

  5. Notizie negative: Un fattore che senza dubbio finisce con l’alimentare la paura dell’Ebola è la costante esposizione a notiziari che parlano diffusamente della malattia. Non è tanto la semplice diffusione di notizie sull’Ebola che alimenta la paura, ma il grado in cui i singoli bollettini evidenziano i rischi che riguardano l’Ebola e, in particolare, il modo eccessivamente “emotivo” con cui i notiziari parlano dei rischi. Perché l’Ebola sta diventando una notizia “già data”, i media hanno spesso bisogno di creare approcci sempre più sensazionali a questo tema, al fine di mantenere l’interesse del pubblico; questo però crea precise reazioni emotive nell’ascoltatore col risultato che finirà col far percepire l’Ebola come una minaccia concreta e vicina, evocando così paura e preoccupazione.

Queste considerazioni, quasi “banali” e scontate, “aprono” comunque la discussione verso considerazioni clinicamente più interessanti. Ad esempio: cosa in realtà determina la diversa valutazione del pericolo tra diversi soggetti? Perché si sviluppa un disturbo ossessivo compulsivo? Come mai chi è ansioso o depresso in realtà cerca e seleziona inconsciamente notizie negative e minacciose? In altri termini: perché le persone sono tutte diverse tra loro e percepiscono le cose in maniera profondamente diversa? E’ proprio su queste domande che gli strumenti a disposizione della psicoterapia psicoanalitica cercano di fare un po’ più di luce.