La mancanza di sonno REM può aumentare il rischio di depressione cronica e ansia: è quanto viene confermato da una ricerca recentemente pubblicata sulla rivista PNAS – Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America (Wassing et al., 2016).

Esistono due diversi tipi di sonno: il sonno lento o sincronizzato (o sonno non-REM) e il sonno rapido o desincronizzato (o sonno REM – Rapid Eye Movement – con movimenti oculari rapidi). In condizioni fisiologiche l’uomo adulto passa sempre dalla veglia al sonno non-REM e da questo (suddiviso a sua volta in quattro fasi che nella loro successione esprimono il progressivo approfondimento del sonno) al sonno REM.

La fase del sono REM è quella particolare fase del sonno in cui si svolge la più importante, qualitativamente e quantitativamente, delle esperienze mentali del sonno: il sogno. Il racconto di un sogno vivido e dettagliato lo si ottiene nell’85%-90% dei risvegli provocati in questa fase. I sogni riferiti dopo risvegli ottenuti vero il mattino sono assai più ricchi e complessi di quelli raccontati dopo risvegli nella prima parte della notte. Tutte le persone sognano anche se non tutte ricordano spontaneamente i loro sogni al risveglio e la possibilità di ricordare un sogno dipende verosimilmente da diversi fattori quali il significato affettivo del sogno, la sua ripetitività o il tempo trascorso tra evento sognato e risveglio. Ad ogni modo è bene chiarire che l’attività onirica non è una condizione REM dipendente ma sonno dipendente.

Tipicamente una persona può avere sei periodi di sonno REM in una notte, separati tra loro da intervalli di circa un’ora o meno.

Oggi sappiamo che durante il sonno REM vi è un’importante attività cerebrale volta a classificare, processare e risolvere importanti memorie cariche affettivamente.

Rick Wassing, autore principale dello studio, ha detto: “Studi precedenti avevano individuato nel sonno REM il candidato più probabile coinvolto nell’attività di regolazione delle emozioni.”

Se il sonno è disturbato durante questa importante fase, l’attività di regolazione affettiva viene a sua volta ad essere disturbata, con conseguenze importanti sul piano psicopatologico.

La ricerca è stata condotta su un gruppo di persone nei Paesi Bassi: ad alcune è stato semplicemente somministrato un questionario mentre altre sono state invitate nel laboratorio del sonno.

In entrambi i casi si è osservato che quando il sonno REM delle persone veniva disturbato, queste mostravano maggiori difficoltà a superare situazioni di stress emotivo. La difficoltà a superare situazioni emotivamente difficili portava poi le persone ad avere difficoltà a dormire e così il circolo vizioso si innescava e si perpetuava.

Gli autori dello studio hanno concluso: “Gli attuali risultati suggeriscono che problemi di insonnia possono derivare da una inadeguata capacità di fronteggiare uno stress emotivo che, a sua volta, è probabilmente dovuta a problemi relativi al sonno REM”.

Per Wassing la possibile soluzione sarebbe quella di stabilizzare il sonno REM

Secondo il dottor Anderson, uno psicologo che ha commentato lo studio: “Da molto tempo sono ben note le complesse interrelazioni tra il sonno ed i disturbi clinici dell’umore, tra cui depressione maggiore ed il disturbo bipolare. Questo continua ad essere un settore importante per la ricerca, ma anche un settore in cui si insinuano facili suggestioni che spesso vanno oltre le evidenze scientifiche”.

Liberamente tratto e tradotto da: http://www.spring.org.uk/2016/02/sleep-disturbance-critical-part-sleep-cycle-linked-emotional-distress.php