Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Adolescent Health, negli Stati Uniti più di un milione di ragazzi (circa il due per cento del totale dei giovani) appartengono a una banda giovanile: si tratta di un numero tre volte superiore a quello stimato dalle forze dell’ordine. I ricercatori hanno trovato inoltre che questi ragazzi provengono dai più diversi contesti sociali e che il maggior coinvolgimento nelle bande si ha intorno ai 14 anni.

“La gente è portata a credere che i membri delle bande siano maschi neri e latinoamericani, e che una volta che qualcuno si aggrega ad una banda non possa più lasciarla, cose entrambe palesemente false”, ha detto David Pyrooz, Ph.D., professore di diritto penale alla Sam Houston State University.

I ricercatori affermano che questi stereotipi sono rinforzati dal cinema e dalle forze dell’ordine. Per questo studio, hanno esaminato il numero dei membri delle banda, le caratteristiche dei giovani che appartengono alle bande, e in che modo molti giovani si uniscono e lasciano le bande ogni anno negli Stati Uniti.

Hanno anche analizzato i questionari sull’appartenenza alle bande del National Longitudinal Survey of Youth del 1997, che rappresentano i dati maggiormente rappresentativi a livello nazionale raccolti dal Bureau of Labor Statistics.

I risultati mostrano che le bande hanno tassi di turnover abbastanza alti, del 36 per cento, con circa 400.000 giovani che si uniscono alle bande e altri 400.000 giovani che ne escono ogni anno. A causa di questo, le bande devono reclutare costantemente nuovi talenti, non diversamente da un servizio di reclutamento come avviene in settori in cui i dipendenti spesso lasciano il lavoro dopo poco tempo.

“Essere un membro della gang non è proprio ciò che si pensa e i ragazzi se ne rendono conto una volta che ne fanno parte, quando scoprono che il denaro, le automobili, le ragazze e la protezione è più un mito che la realtà”, ha detto Pyrooz.

Le forze dell’ordine sottostimano significativamente il numero di membri di bande giovanili: le stime nazionali parlano di 300.000 ragazzi, meno di un terzo di quello che è emerso dallo studio. La ragione è che “l’applicazione della legge utilizza una strategia top-down, vengono schedati i giovani che fanno parte delle bande da più tempo ed a maggiore tasso di criminalità, ignorando le reclute più giovani e magari coinvolte in modo più marginale, che invece vengono inclusi con la strategia “bottom up” utilizzata in questo studio”, ha detto Pyrooz.

Secondo i ricercatori, poiché la vita in una gang ha tanti effetti negativi sia sulla salute fisica e psicologica che sullo stile di vita, basarsi sui dati delle forze dell’ordine porterebbe a sottovalutare i problemi della violenza giovanile e dei possibili modi per rispondere affrontarla.

“Ricchi e poveri, bianchi e neri, uomini e donne, provenienti da famiglie con uno o con entrambi i genitori. Ciò che conta è che le forze dell’ordine, gli assistenti sanitari, gli psicologi e i medici evitino gli stereotipi associati a questi ragazzi quando si ha a che fare con questo fenomeno”, ha detto il co-autore Gary Sweeten, Ph .D., professore associato di criminologia e di diritto penale presso l’Arizona State University.

Questi giovani rappresentano un obiettivo importante per i programmi di prevenzione e di intervento. I risultati di questo studio sono importanti per i ragazzi, per i genitori, per gli psicologi e per gli operatori sanitari in genere, affinché si possa comprendere meglio e rispondere al fenomeno delle bande giovanili nelle scuole, nei quartieri e le strutture di assistenza sociale sulla base di fatti concreti e non sulla base di stereotipi e luoghi comuni.

Liberamente tratto da: http://www.dnaindia.com/world/report-juvenile-gang-members-in-us-top-1-million-study-2060733