La coesistenza, frequentemente documentata, di ansia, depressione e dissociazione nei pazienti con Disturbi di Somatizzazione (v. definizione ed epidemiologia dei disturbi di somatizzazione), e il frequente riscontro di “alessitimia” tra gli stessi, ha portato a considerare tutte queste caratteristiche come dei fattori di rischio per il Disturbo di Somatizzazione. Un’ipotesi plausibile è che la gestione internalizzata delle vulnerabilità produca percorsi inadeguati ad esprimere lo stress emotivo e di conseguenza la scarsa capacità di esprimere emozioni in modi più maturi adeguati porta ai sintomi somatici come soluzione per un’espressione indiretta dell’angoscia.

Una questione evolutiva correlata sorge spontanea: il Disturbo di Somatizzazione non diagnosticato o non trattato durante l’infanzia può predisporre alla somatizzazione persistente in adolescenza e in età adulta? Studi di follow-up in effetti confermano questa ipotesi. Interventi preventivi in ambito di salute pubblica possono evitare in futuro eccessive visite mediche, esami clinici non necessari e trattamenti inappropriati.

Un certo numero di teorie sono state utilizzate per spiegare l’insorgere di una particolare inclinazione allo sviluppo di somatizzazioni in persone vulnerabili. La teoria psicoanalitica nella sua forma classica invoca il ruolo di conflitti repressi riguardo impulsi sessuali o aggressivi “inaccettabili” che sono inconsciamente repressi (rimossi) e poi convertiti, in presenza di determinate caratteristiche di funzionamento psichico e tratti di personalità, in sintomi fisici. Le teorie psicoanalitiche più recenti concentrano l’attenzione sulle difficoltà nel mentalizzare, rappresentare ed esprimere verbalmente le emozioni.

La teoria dell’apprendimento chiama in causa la gratificazione dei bisogni di dipendenza negli individui somatizzanti: i sintomi fisici suscitano aiuto e conforto dagli altri: il sollievo dallo stress conseguente rafforzerebbe la manifestazione sintomatica. Inoltre la mancata possibilità di apprendere modi più evoluti di espressione emotiva può portare a una tendenza per un’espressione prevalentemente somatica delle emozioni.

Il comportamentismo si concentra sulla reazione comportamentale del paziente ai fattori ambientali. I sintomi fisici permetterebbero il ritiro da stress sociali avversi (per esempio, la scuola, lavoro): l’enfasi, sovrapponibile con quella della teoria dell’apprendimento, è sulla possibilità di modificare le contingenze ambientali.

I recenti progressi nel campo delle neuroscienze suggeriscono che l’ambiente interpersonale precoce può interagire con la predisposizione genetica ed epigenetica influenzando e modificando i circuiti neurali coinvolti nelle emozioni interpersonali e nel dolore fisico. Questo tipo di predisposizione rende una persona particolarmente sensibile a fattori di stress emotivo e presenta maggiori difficoltà di regolazione dello stress emotivo e somatico. Ciò potrebbe spiegare la variabilità tra individui diversi nella  vulnerabilità alla somatizzazione in seguito a stress simili. Ecco perché è necessario valutare attentamente queste rilevanti vulnerabilità all’interno dell’esplorazione psicoterapeutica del racconto biografico di ciascun paziente.

L’attenzione alla risposta autoimmune, soprattutto per quanto riguarda le conseguenze somatiche della depressione, può includere l’attenzione a fattori psicologici che influenzano molte condizioni mediche come l’artrite reumatoide, la fibromialgia, la sindrome del colon irritabile, il dolore neuropatico e le sindromi da affaticamento cronico. Queste sindromi somatiche potrebbero essere influenzate da disfunzioni metaboliche, immuno-infiammatorie, autonomiche e dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, che può essere aggravato da stress.

Il meccanismo psichico della “dissociazione” sembra giocare un ruolo in molti casi di somatizzazione coinvolgendo la relativa sospensione di consapevolezza di sé e dell’ambiente: questa situazione spesso si verifica in casi di somatizzazione che emergono al di fuori della consapevolezza dell’individuo. In questa situazione si svilupperebbe una risposta (appresa) di ritiro dallo stress laddove l’ansia, la depressione, o comportamenti ossessivo-compulsivi finiscono col generare una risposta dissociativa. Questa risposta, a sua volta, finisce col far precipitare i sintomi somatici esperiti come una via di fuga dallo stress.