Cosa ci rende “umani” e ci differenzia da tutti gli altri animali? Può sembrare una questione ovvia ma filosofi e scienziati dibattono da molto tempo su questo tema, fornendo risposte molto diverse. Per esempio un neurobiologo potrebbe dire che comportamento animale e umano non sono poi così distanti come ci piacerebbe pensare.

Può darsi. Ma potrebbero beneficiare di un’analisi? Cosa è che ci rende propriamente umani, secondo una prospettiva psicoanalitica?

Riporto tradotto ed adattato, un bellissimo articolo divulgativo del dott. Gurmeet S. Kanwal, psicoanalista didatta del William Alanson White Institute e docente di Psichiatria al Weill Medical College della Cornell University.

Il dott. Kanval inizia con la storia del suo cane, Oliver Chester Spice…

‘Ollie’, come viene affettuosamente chiamato il cane, ha imparato a grattare in tre punti diversi delle porte in vetro che conducono al suo balcone. Se gratta sul bordo è perché ha bisogno di uscire. Se gratta nel mezzo della lastra di vetro, sta chiedendo come al solito di avere un po’ di avanzi della cena. Se invece gratta nel punto in cui le due porte si uniscono, sta comunicando che l’acqua nella sua ciotola è finita. Nessuno ha fatto alcuno sforzo per insegnare a Ollie questi trucchi. Ollie ha stabilito questo schema esclusivamente attraverso tentativi ed errori, vivendo in casa. In effetti ci si potrebbe chiedere chi ha insegnato a chi.

Ma in che modo tutto questo ha a che fare con noi umani e con la psicoanalisi?

Ebbene, la maggior parte dei modelli psicoanalitici si basano, più o meno, sulla teoria che per orientarci nel mondo e nelle relazioni prendiamo esperienze accadute in un contesto e – per lo più inconsciamente – le generalizziamo a molti altri contesti, anche molto differenti. Questa è la base di ciò che gli psicoanalisti chiamano “transfert“.

Essendo organismi intelligenti, possiamo e sappiamo farlo davvero bene. Cioè possiamo generalizzare questi modelli di risposta a molte situazioni diverse, spesso con analogie a malapena riconoscibili: un certo odore della terra dopo un temporale estivo può portare a ricordare la casa in cui si passavano le vacanze estive, anche se si può essere a migliaia di miglia e a molti anni di distanza da quella situazione. Oppure si prenda un veterano di guerra, spaventato dal rumore del ritorno di fiamma di un’auto che immediatamente gli ricorda un colpo di arma da fuoco e scatena in lui tutta una serie di reazioni neurovegetative, anche se nella situazione attuale è consapevole di non correre più alcun pericolo. Sa di non correre alcun pericolo ma si sente in pericolo!

La capacità di stabilire delle associazioni è molto utile ma, come appena illustrato, può anche metterci nei guai. I conflitti, le ansie, le paure, le fobie, le aspettative, tutto viene acquisito attraverso un’associazione immediata e involontaria tra un’esperienza in una determinata situazione applicata – e spesso erroneamente – ad altre situazioni, in altri momenti.

Ad esempio, una donna ha costantemente il timore che il suo partner possa tradirla, proprio come faceva realmente suo padre con la madre. Il suo partner sembra del tutto diverso da suo padre eppure la stretta associazione con il tradimento del padre è sufficientemente forte da mettere a rischio la sua relazione.

Tuttavia, anche questa capacità di creare associazioni e applicarle in contesti diversi non è certo unica per l’uomo!

Quando il cane Ollie è rimasto da alcuni amici per un giorno, una volta tornati ci hanno detto che aveva continuato a graffiare la loro porta, al punto che la porta era piena di graffi su di un lato! Beh, quella è stata l’ultima volta che avremmo avuto modo di lasciare il nostro cane lì…

Il cane aveva utilizzato le sue associazioni relative alla porta della sua casa e le aveva trasferite ad una porta molto diversa, in un posto diverso, con persone diverse!

Dal momento in cui nasciamo, cominciamo a formare associazioni che diventano sempre più complesse. La ricerca ha dimostrato che questo può avvenire nell’arco di millisecondi, come nell’interazione tra madre e bambino. Anche prima che un bambino possa utilizzare un sorriso per esprimere la gioia, impara ad associare il sorriso con il sorriso reciproco della madre.

Tuttavia, data la maggiore complessità del cervello umano (rispetto ad esempio a quello del cane), anche le possibilità di applicazioni errate crescono esponenzialmente.

Un modo per comprendere un aspetto del trattamento psicoanalitico è che con esso si tenta di rendere consce le associazioni inconsce. Poiché l’esperienza originaria che ha stabilito una determinata associazione spesso rimane fuori dalla consapevolezza, possiamo aver bisogno di aiuto nel comprendere quale associazione ha portato a quel particolare comportamento.

Tuttavia, se fosse semplicemente una questione di tracciare la linea delle associazioni, potremmo ben mettere il cane Ollie sul divano (dato che egli comunque trascorre molto del suo tempo su un divano!) e comprendere i suoi modelli di comportamento.

Allora dove sta la caratteristica esclusivamente umana? Ciò che è sorprendente del nostro cervello umano è la nostra capacità di essere consapevoli di sé, di pensare al pensare, la capacità auto-riflessiva. Non la nostra capacità di apprendere attraverso le associazioni ma piuttosto la nostra capacità di disimparare! La psicoanalisi fa uso di questa capacità umana di “disimparare”.

Nel trattamento psicoanalitico non c’è solo una graduale scoperta e riconoscimento delle nostre innumerevoli associazioni inconsce, ma la mobilitazione – all’interno di un rapporto di sicurezza con uno psicoanalista – della nostra capacità di auto-riflessione, auto-valutazione e auto- guarigione.

La psicoanalisi quindi utilizza le caratteristiche più umane tra le caratteristiche della mente umana – la creatività, l’immaginazione e la fantasia – per sviluppare la capacità auto-riflessiva, per poter disimparare e quindi cambiare.

Questo è ciò che è affascinante ed essenziale per il trattamento psicoanalitico. Questo è ciò che rende l’ascolto e il dialogo con gli esseri umani un’esperienza unica e profonda. Attraverso un processo di crescente consapevolezza di sé gli esseri umani possono acquisire una nuova dimensione di scelta, un nuovo grado di libertà. Un grado di libertà che il cane Ollie è improbabile possa mai sperimentare, per quanto intelligente possa essere.